mercoledì 17 giugno 2015

Boris Cyrulnik




Boris Cyrulnik, nato il 26 luglio 1937 è un neuropsichiatria francese di origine ebraica famoso in tutto il mondo per i suoi studi sul fenomeno della resilienza. 
Essendo di origine ebraica ha subito le persecuzioni naziste, la sua sopravvivenza dalla distruzione nazista ha motivato la sua carriera in psichiatria. Entrambi i suoi genitori sono stati arrestati e uccisi durante la seconda guerra mondiale. Ha studiato medicina presso l'Università di Parigi. Ha scritto diversi libri di divulgazione scientifica sulla psicologia. Egli è conosciuto in Francia per sviluppare e spiegare al pubblico il concetto di resilienza psicologica.
Fonte: Wikipedia

L’Osservatorio internazionale sulla resilienza ha sede a Parigi. E’ costituito da esperti in diversi settori disciplinari di varie università nel mondo ed è coordinato da Boris Cyrulnik. Il collegamento italiano è rappresentato da Elena Malaguti, docente di Pedagogia speciale all’Università di Bologna.
Fonte: lastampa.it





Tra le varie pubblicazioni lo studioso ha scritto un saggio sui traumi dell'infanzia e sul ruolo della resilienza intitolato "Da brutto anatroccolo a cigno, il bambino ferito può crescere". 





Qui sotto riporto un articolo del Corriere in cui si parla di questo saggio, della teoria della resilienza e della vita dell'autore.

Per prima cosa occorre difendere questo libro dalla presentazione che ne fa in copertina l’ editore italiano: I brutti anatroccoli non si occupa affatto di «le paure che ci aiutano a crescere» come minimizza e fuorvia il sottotitolo, per riecheggiare un altro titolo molto fortunato. Si occupa di traumi, grossi traumi, come maltrattamenti, violenze devastanti, abbandoni, deportazioni; traumi che non aiutano affatto a crescere, anzi tendono a bloccare. E a uccidere, nel bambino, il futuro adulto. A meno che non intervenga la «resilienza». La si cerchi pure, la parola, sui dizionari: anche se «frequenta» le scienze psicologiche dagli anni Sessanta, i vocabolari la spiegano come «la caratteristica di un materiale che resiste agli urti improvvisi senza rompersi» (Palazzi Folena). E’ ciò che accade, o può accadere, nella stragrande maggioranza dei casi anche per la vita di chi è stato un bambino maltrattato o violato, dice Cyrulnik. Moltissimi riescono a reagire alla «sfida» del dolore e, da brutti anatroccoli feriti, divenire cigni: persone normali, molte volte anche persone speciali, soprattutto in campo artistico. E’ perciò necessario spezzare la cultura che diffonde l’ idea «un bambino maltrattato, da grande maltratterà» e che incoraggia i piccoli traumatizzati «a fare una carriera da vittima». L’ autorevole Edgar Morin, scrivendo di quest’ opera (e della precedente: Il dolore meraviglioso), loda Boris Cyrulnik come «uomo buono», subito aggiungendo che l’ apprezzamento certo suona bizzarro «quando si parla di un intellettuale»: il fatto è che in quest’ argomento «non si tratta solo di idee, ma di carne e di sangue». Perciò, al di là della scienza, è l’etica di quest’autore e di quest’uomo che Morin evidenzia, dichiarando anzi che essa «ci è indispensabile»: un’etica di rifiuto del dolore come destino. Nell’ apprezzamento, il vecchio sociologo discretamente include «la vita» di Cyrulnik: egli stesso, infatti, è un «resiliente». I genitori morirono ad Auschwitz, lui scappò e fu raccolto da una donna che divenne per lui quel «tutore di resilienza» di cui almeno uno è indispensabile perché le tragedie dell’ infanzia si possano superare e, a volte, persino far fruttare. Cyrulnik, uomo vulcanico, attivissimo, allegro, di sé, della sua infanzia non parla (pubblicamente è riuscito a farlo molto tardi, verso i 40 anni), ma qui si spende a parlare con passione della speranza che deve brillare oltre il tunnel del trauma e della sofferenza. Secondo la sua teoria, però, un bambino può divenire resiliente, cioè in grado di «saltarne fuori» come suggerisce l’origine latina del termine, solo se si è salvata la sua primissima infanzia, quella anteriore alla capacità di parlare. Se nei mesi che vanno da zero a 12 circa c’è stato un rapporto felice con la madre, un giusto «attaccamento» affettivo, più tardi da qui, da quel primordiale ricordo d’amore, potrà scoccare la scintilla per la risalita. Sempreché il bambino, o l’ ex bambino, ferito incontri uno o più «tutori di resilienza», un genitore adottivo, un professore, un prete, un adulto amico che gli dia una mano. E gli offra la possibilità di raccontare e raccontarsi quell’ antica tragedia così da storicizzarla nella propria biografia e non lasciarla agire, dall’ ombra della rimozione, come un destino. E’ essenziale che questa rivisitazione della ferita interiore avvenga «sotto lo sguardo dell’ altro» (o di un intero contesto sociale), sottolinea e ripete il terapeuta francese, richiamando analoghe affermazioni di Anna Freud. E la reazione degli «spettatori», o della società, è fondamentale. Spesso infatti la vittima tende a sentirsi colpevole (quanti sopravvissuti ai lager hanno patito questo pur paradossale sentimento). Oppure, come accade in molte culture, viene fatta sentire colpevole (caso eclatante, la donna violentata). Lo «sguardo dell’ altro» che capisce e aiuta a guardare in faccia al massacro subìto, è trampolino fondamentale per la resilienza. Per una «seconda nascita». Da brutto anatroccolo a cigno, pur se fragile. Sostiene Cyrulnik, con amore e passione, che questo recupero è possibile nel novanta per cento dei casi e oltre. Non c’ è quasi infanzia devastata non riscattabile, a suo dire. Che sia così? Oggi che tanti bambini sono violentati e offesi, singolarmente o in massa, nel mondo, speriamo che sia così. Serena Zoli Il libro: «I brutti anatroccoli» di Boris Cyrulnik, Frassinelli.
Fonte: corriere.it
Altre fonti :

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