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sabato 7 marzo 2015

Alice nel paese delle meraviglie


<<Quando ci si perde credo sia consigliabile restare dove si è, finché qualcuno non venga a cercarci, ma a chi salterà in mente di venirmi a cercare qui>>



Tutti ben conosciamo la storia di "Alice nel paese delle meraviglie" ma, abbiamo mai pensato di guardarla con occhi diversi? Cerchiamo di trarne collegamenti per approfondire il nostro argomento: la resilienza. 

Quello di Alice è un percorso di crescita in questo mondo meraviglioso in cui lei sviluppa la sua personalità. La personalità è un insieme di fattori cognitivi, affettivi e comportamentali in relazione tra loro. Lo sviluppo della personalità è un processo psico-sociale, un’interazione tra caratteri innati, stimoli dell’ambiente in cui si vive e temperamento, cioè il comportamento sviluppato durante la maturazione dell’individuo. A modellare la personalità riveste un ruolo importante la famiglia. Analizzando l’intero film si può notare che alla bambina manca questa istituzione importante, in particolare la figura della madre, che fin dalla nascita dovrebbe essere fonte delle prime relazioni finalizzate allo sviluppo della personalità che in Alice, per la mancanza di questa figura, risulta indipendente. 

 All’inizio del cartone la sorella di Alice le spiega la Storia, facendole una “lezione frontale”, senza considerare se la sorella stesse attenta o fosse minimamente interessata. Come può Alice sviluppare la sua persona se non c’è una relazione tra le due? Le relazioni interpersonali sono importanti per lo sviluppo dell’identità, esse infatti ci mostrano attraverso gli altri l’immagine di noi. Alice per tutta la durata del suo percorso, in questo mondo fantastico, non accenna mai alla famiglia, ai suoi amici, alla scuola o a qualsiasi altro luogo dove i giovani possono socializzare, evidentemente alla piccola mancano persone con cui confidarsi e sviluppare la propria identità, e per acquisire comportamenti adeguati alla società. Forse è la voglia di comunicare della bambina che la fa ritrovare in un mondo pieno di buffi animali e di cose parlanti che le danno ascolto.

 La domanda quindi risulta spontanea: che ruolo assume la famiglia nella personalità di Alice? Siamo in presenza di una famiglia assente, una famiglia convinta che gli unici bisogni dei figli siano quelli fisiologici, ma in realtà, un ruolo fondamentale per la crescita dell’individuo, spetta alla comunicazione e all’interazione con la famiglia e con il gruppo dei pari. Può esserci nella storia di Alice un richiamo alla gioventù di oggi, che soffre a causa di una famiglia meno presente, più frettolosa e meno formativa? Secondo lo psicanalista Erik Erikson, l’età giovanile è caratterizzata da una difficoltà a riconoscere la propria personalità e a fare scelte coerenti ed è da ciò che nascono contrasti interiori e con il mondo esterno. Anche nella personalità di Alice forse sono presenti dei forti contrasti con il mondo esterno, ed è proprio per questo che lei immagina un mondo in cui può evadere dalla realtà. La famiglia può aiutare a superare questi momenti, anche se certe volte i genitori, distratti dal lavoro o da altre preoccupazioni, non colgono i messaggi impliciti dei figli, come nel caso di Alice.
Allora il giovane cerca aiuto nei coetanei, ma non sempre trova chi può capire il suo disagio interiore. Nel caso di Alice invece, non c’è questa ricerca della compagnia, infatti lei si isola. Questo può causare forti depressioni, che nel cartone si possono paragonare alla caduta psicologica della protagonista in un mondo fantastico, da cui è difficile uscire senza l’aiuto di qualcun altro.

Alice, fortunatamente, viene aiutata da vari personaggi, che pur nella loro stranezza la faranno uscire da quella situazione, facendole capire quanto importante sia seguire i consigli altrui. Ella in questo modo ha acquistato maggiore fiducia in se stessa e facendo questo viaggio ha imboccato la strada per un’effettiva maturità. Nessuno cresce da solo, una rete sociale è davvero fondamentale per ogni individuo e ancora di più per un giovane che ha bisogno di continui riferimenti, di interazioni sicure e costanti che gli consentano di “spiccare il volo” senza schiantarsi inevitabilmente.

In sintesi quindi possiamo dire che nella ricerca di sé stessa e della sua identità Alice, come molti adolescenti d'oggi si trova in una situazione di smarrimento, il suo viaggio pieno di insidie rappresenta proprio questa difficoltà a superare certi ostacoli che si possono incontrare lungo il cammino della crescita. Come abbiamo già detto nei post precedenti, se si aiuta a sviluppare fin da subito un atteggiamento positivo e volto sempre alla soluzione dei problemi, se si fa sentire il fanciullo inserito in una rete di persone che possono aiutarlo a crescere non si correrà il rischio di rimanere intrigati in questa fitta rete di ostacoli mentali. Alice, così come Simba e come Antonino (vedi post precedenti) è aiutata da diversi tutori di resilienza nel suo cammino. 

Fonti bibliografiche:

A. Bianchi, P. Di Giovanni, Psicologia Oggi, Torino, Paravia, 2005;

mercoledì 25 febbraio 2015

Chi è Margherita? 

Il tutore di resilienza


I tutori di resilienza sono "soffiatori d'anima" (Cyrulnik, 2007) in grado di restituire interamente i bambini e i loro genitori alla "vita", mettendo in atto alcune semplici attenzioni che creano catene di sviluppi positivi nei diversi sistemi ecologici (Parens, 2008). 

Il tutore di resilienza:
  • accoglie, dedica tempo, riconosce e conosce, chiama l'altro per nome ed è curioso di incontrarlo nelle sue caratteristiche (Musi, 2011);
  • offre una presenza stabile e duratura nel tempo, che permette di sviluppare un senso di attaccamento e di appartenenza reciproca in cui ciascuno può contare sull'altro;
  • valorizza, stimola le capacità e le curiosità, favorendo il percorso di apprendimento e la scoperta delle proprie passioni e delle proprie risorse;
  • permette le domande, le accoglie e le stimola come via per la ricerca di senso;
  • ascolta con empatia;
  • rende possibile ri-costruire la storia, permettendo alla persona di organizzare il suo "romanzo" all'interno di una storia unitaria (identità narrativa di Ricoeur, 1986-88). Offre un filo rosso che garantisce la continuità nella crescita e consente ai bambini di conoscere e comprendere, nelle modalità adatte a loro, anche i momenti più "oscuri".
  • costruisce e propone senso, ossia nuova significazione ai fatti attraverso la parola;
  • racconta storie offrendo modelli positivi a partire dalle storie altrui e fornendo in tal modo le "parole" per raccontare la propria storia;
  • permette e sostiene il tutoraggio fra bambini;
  • trascorre momenti piacevoli con i bambini e con i genitori;
  • agisce nei contesti informali e formali;
  • affianca e non sostituisce (co-educa);
  • non agisce da solo ma coinvolge il più possibile gli altri.
Testo tratto dal quaderno pedagogico "Educazione, pentolini e resilienza. Pensieri e pratiche per co-educare nella prospettiva della resilienza a scuola" a cura di Marco Ius e Paola Milani